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25 aprile 2006

Ieri il boss ha incontrato i figli e la convivente

CRI DA PROVENZANO PER VERIFICARNE LE CONDIZIONI

Dall'America la lettera di un cugino del boss: "sono preoccupato
per la sorte del mio familiare perché ha 73 anni ed è gravemente malato"

ROMA - Un delegato della Croce Rossa entrerà nella cella di Bernardo Provenzano nel carcere di Terni per verificarne lo stato di salute e "il rispetto dei suoi diritti". Il presidente della Croce Rossa Italiana, Massimo Barra, è stato contattato da Francesco Provenzano, che sostiene di essere il cugino di secondo grado del boss, con una mail inviata da San Josè (California): "sono preoccupato per la sorte del mio familiare perché ha 73 anni ed è gravemente malato. Ho visto in televisione le immagini del suo arresto e ho paura che possa morire durante il processo. Io lo amo e per lui desidero il meglio".

Nonostante potrebbe trattarsi di un mitomane, la Croce Rossa ha deciso di intervenire ugualmente "perché - come chiarisce lo stesso Barra - non si tratta di una procedura speciale, ma di un’attività che la nostra organizzazione svolge in ogni parte del mondo ". Oggi o domani il boss riceverà quindi la visita del presidente dalla Croce Rossa Italiana dell'Umbria, Dante Siena. Ieri intanto il boss mafioso, arrestato l'11 aprile scorso, ha incontrato per un'ora la convivente Saveria Palazzolo, di 65 anni, e i due figli che ha avuto da lei. In realtà i magistrati di Palermo ipotizzano che i due possano essersi sposati durate la latitanza con rito religioso e che il matrimonio non sia stato registrato per evidenti motivi. Il colloquio è avvenuto, come prevede il "carcere duro" del 41bis, attraverso un vetro divisorio.

Il presunto cugino del boss, che afferma di essere cieco, si dice preoccupato per la sorte di Provenzano, ma nessuno è in grado di stabilire se si tratti veramente di un parente del boss. Il suo nome non compare negli elenchi telefonici di San Josè e la società di cui dice di essere amministratore delegato non risulta nelle liste ufficiali. Dice di aver lasciato la Sicilia da piccolo e di non aver contatti con la famiglia "perché nessuno di loro parla l’inglese e io non so l’italiano". Riguardo al ruolo del cugino all'interno della mafia, dice: "Così dice la gente, ma io non conosco bene la sua situazione. Ho saputo dalla televisione come è stato trattato dopo l’arresto e ho deciso di chiedere l’intervento della Croce rossa. Ho saputo che è molto malato".

"Faremo la verifica - ribadisce Barra - perché tutti i detenuti hanno diritto a vivere in condizioni umane e non degradanti". Lo stesso avvenne anche con Saddam Hussein, quando furono proprio i delegati della Croce Rossa ad incontrarlo per verificare che non fosse sottoposto a torture e che in ogni caso gli fossero garantite condizioni di vita accettabili.

Simone Storti

 
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